Le fasi del processo penale: dall’avviso di conclusione delle indagini al processo vero e proprio.

  1. La fase delle indagini.

La premessa necessaria risulta essere che questo sintetico e pratico elaborato tratterà esclusivamente della posizione della persona indagata – imputata e non della persona offesa, per la quale valgono altre regole.

La prima fase del procedimento penale è quella delle indagini, che sono portate avanti dalla Procura della Repubblica competente: ad eccezione di alcuni particolari casi, normalmente la durata massima delle indagini è pari, ex art. 405, c. 2, c.p.p, ad un anno. In moltissimi casi, tuttavia, la durata è prorogata su richiesta del Pubblico Ministero dal c.d. Giudice per le Indagini Preliminari fino ad un massimo di 18 mesi (o 2 anni per particolari delitti).

In questo arco temporale, che inizia quando la notizia di reato giunge alla Procura della Repubblica attraverso magari una denuncia od una querela, il Pubblico Ministero assegnatario del fascicolo iscritto nel c.d. RGNR (Registro Generale Notizie di Reato) ha il compito di compiere le indagini volte ad accertare il fatto e capire se vi è in effetti l’ipotesi di un reato.

Le indagini sono coperte dal c.d. segreto istruttorio e, nella maggior parte dei casi, la persona indagata giunge a conoscenza della presenza di un procedimento penale pendente a suo carico solo con la notifica del c.d. avviso di conclusione delle indagini, ex art. 415 bis c.p.p.. Da quel momento la persona, attraverso la nomina di un legale di fiducia, potrà apprendere il capo di imputazione e fare copia degli atti di indagine per prendere posizione e capire come agire.

In alcuni casi la conoscenza del procedimento penale arriva prima della conclusione delle indagini: ciò accade quando durante le stesse vengano compiuti atti che coinvolgono direttamente la persona indagata, come ad esempio l’applicazione di una misura cautelare, personale o reale. In quei casi viene notificato l’avviso di garanzia in cui si dà atto della pendenza del procedimento penale e viene riportato il capo di imputazione.

Questo avviso, come dice la parola stessa, si rende necessario proprio a tutela e garanzia della persona indagata che deve essere nella posizione di sapere a cosa va incontro e come difendersi.

Al termine delle indagini, il Pubblico Ministero può determinarsi nel chiedere l’archiviazione del procedimento penale o chiedere il rinvio a giudizio (o formulare la citazione diretta a giudizio, dipende dai reati per i quali si procede).

Nel primo caso, il PM chiede al Giudice per le Indagini Preliminari, organo giurisdizionale competente durante le indagini, di archiviare il procedimento poiché non ha ritenuto essersi configurato, per svariati motivi, un illecito penale. In questa fase, di estrema importanza, risulta la presenza o meno della persona offesa, che può formulare in breve tempo (normalmente 20 giorni) un’opposizione alla richiesta di archiviazione.

Nel secondo caso, invece, il Pubblico Ministero ritiene essersi configurato un reato e dunque, esercitando l’azione penale, chiede che la persona indagata vada a processo ed acquisisca dunque la qualifica di persona imputata.

Da questo momento il procedimento penale diventa processo penale.

2. Il processo penale.

    Tralasciando i casi particolari del giudizio immediato, del giudizio direttissimo, della sospensione del processo per messa alla prova e del procedimento per decreto, il primo passaggio del processo penale può consistere nell’udienza preliminare o – oggi, con la riforma Cartabia – nell’udienza predibattimentale: nel primo caso si tratta di un’udienza dinanzi il Giudice per l’Udienza Preliminare per un ulteriore vaglio per capire se ci sono effettivamente elementi per andare avanti. In particolare, il codice di rito statuisce che il Giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere quando “gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna” (art. 425, c. 3, c.p.p.). Diversamente, il Giudice pronuncerà il decreto che dispone il giudizio davanti ad altro Giudice.

    Analogamente, nell’attuale udienza predibattimentale, il Giudice, questa volta già del dibattimento, dovrà valutare la presenza dei medesimi requisiti del fascicolo delle indagini.

    In queste due udienze la persona imputata dovrà fare la prima vera scelta processuale fondamentale, ovverosia decidere se procedere con un rito alternativo o se andare a dibattimento. I riti alternativi più comuni sono il giudizio abbreviato ed il patteggiamento; nel primo caso il Giudice deciderà esclusivamente sulla base degli atti di indagine, senza ulteriori (a meno di eccezioni) accertamenti e, in caso di condanna, ci sarà uno sconto di pena di un terzo. Nel secondo caso, si configura un vero e proprio accordo tra le parti (PM ed imputato, tramite ovviamente l’avvocato difensore) che verrà promulgato dal Giudice, se ritenuto equo. Anche in questo si può configurare uno sconto di pena fino ad un terzo.

    Nel caso in cui, invece, la persona imputata decida di proseguire con il giudizio ordinario, il processo viene rinviato ad una Sezione, monocratica o Collegiale, del Tribunale davanti al quale verrà celebrato il dibattimento. In questo caso i Giudici che dovranno decidere non sapranno nulla delle indagini e di quanto compiuto fino a quel momento e la prova dovrà essere formata esclusivamente davanti a loro, mediante l’esame dei testimoni e delle parti processuali ed il deposito di documentazione.

    All’esito del dibattimento si perverrà alla sentenza, di assoluzione o di condanna.

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