Decreto Legge 48/2025: nuove misure su sicurezza, terrorismo, carcere, cittadinanza e forze dell’ordine

Decreto legge 48 dell’11aprile 2025

Il Consiglio dei Ministri del 4 aprile 2025, su proposta del Presidente, del Ministro dell’Interno, del Ministro della Giustizia e del Ministro della Difesa, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di ordinamento penitenziario.

Il testo del decreto riprende un altro provvedimento che il governo aveva già approvato nel novembre del 2023: in quel caso era un disegno di legge, e dunque era stato trasmesso al parlamento perché lo discutesse, senza scadenze e con possibilità di modifica.

Adottato con la forma del decreto legge, il provvedimento tornerà di nuovo alle camere, per  essere approvato e convertito in legge entro sessanta giorni, con una più limitata possibilità di modifica per i parlamentari.

Il decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’11 aprile 2025, n. 48, recante “disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”, entrato in vigore il 12 aprile 2025. 

Viene introdotto il reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo”, punito con la reclusione da due a sei anni per chi si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione e l’uso di congegni bellici micidiali, armi, sostanze chimiche o batteriologiche e di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti con finalità di terrorismo. Anticipando la soglia di punibilità, è prevista la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per chi distribuisce, diffonde o pubblicizza tale materiale con qualsiasi mezzo, anche telematico. Per la prevenzione dei reati di terrorismo e quelli di particolare gravità (quali associazione per delinquere, associazione di stampo mafioso o favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), gli esercenti attività di noleggio senza conducente dovranno comunicare al CED Interforze (Centro Elaborazione Dati), oltre ai dati identificativi di chi noleggia il veicolo, anche quelli dei veicolo stesso. La sanzione in caso di omessa comunicazione sarà l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro. 

Prevenzione e contrasto della criminalità organizzata

Si estendono le verifiche antimafia anche alle imprese che aderiscono al “contratto di rete”. Il prefetto, in caso ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione interdittiva antimafia, può escludere uno o più divieti e decadenze nei casi in cui questi priverebbero l’interessato e i suoi familiari dei mezzi di sostentamento, ma tale potere è stato ora circoscritto: può essere esercitato solo su esplicita e documentata richiesta del titolare dell’impresa individuale (non più d’ufficio) e deve essere preceduto da un’istruttoria condotta dal gruppo interforze.

Il decreto esclude le tutele previste per i superstiti delle vittime di mafia al coniuge, al convivente e ai parenti o affini fino al quarto grado di soggetti nei cui confronti sia in corso un procedimento penale per i reati di cui all’art. 51, comma 3 bis c.p.p. o una procedura in materia di misure di prevenzione, salvo che il richiedente dimostri di aver interrotto definitivamente ogni rapporto, sia personale che patrimoniale, con il soggetto in questione al momento dell’evento.

Beni confiscati e sequestrati alle mafie

È introdotta la possibilità di creare identità fiscali di copertura, anche di tipo societario, per i collaboratori e testimoni di giustizia. La relativa autorizzazione è data dal Capo della Polizia, con facoltà di delega, e diretta alle autorità e soggetti competenti che non possono rifiutarsi di procedere agli adempimenti necessari.

Riguardo ai beni sequestrati e confiscati alle mafie, viene introdotto un ruolo attivo degli uffici comunali sia nelle attività di verifica di esistenza di eventuali abusi edilizi che nella valutazione della destinazione degli immobili. 

Nel caso in cui vengano accertati abusi non sanabili, il giudice, con il provvedimento di confisca, ordina la demolizione in danno del destinatario.

Inoltre, viene semplificata la procedura per cancellare le aziende inattive, si introduce il divieto di lavorare presso aziende confiscate per i soggetti vicini al destinatario della confisca o per chi ha subito condanne, anche non definitive, per i reati di cui all’art. 416 bis c.p.

Cittadinanza

In materia di revoca della cittadinanza, viene esteso significativamente il termine entro cui può essere disposta nei confronti di cittadini stranieri: il periodo passa da tre a dieci anni, decorrenti dalla data della sentenza di condanna per i reati gravi già previsti dall’ordinamento. Questa misura può essere applicata solo se il soggetto possiede o può acquisire un’altra cittadinanza, evitando così situazioni di apolidia.

Il delitto di occupazione abusiva degli immobili

Il decreto introduce una nuova fattispecie di reato specificamente mirata a contrastare tre tipologie di condotte: l’occupazione abusiva di immobili destinati a domicilio altrui o delle loro pertinenze, l’appropriazione mediante artifizi e raggiri di immobili destinati a domicilio altrui o delle loro pertinenze e la condotta di colui che si intromette o coopera nell’occupazione dell’immobile, per cui è prevista la pena della reclusione da due a sette anni.

Il reato è perseguibile a querela, salvo che la persona offesa sia una persona incapace (per età o infermità) e quando l’occupazione riguarda immobili pubblici o a destinazione pubblica.

Viene anche introdotta una procedura accelerata per la restituzione dell’immobile nei casi in cui l’immobile occupato rappresenti l’unica abitazione effettiva del querelante, che da facoltà alla polizia giudiziaria di procedere al rilascio coattivo, previa autorizzazione del pubblico ministero, in caso di diniego dell’occupante. 

Madri detenute

L’articolo 15 ridimensiona il sistema di tutela delle donne incinte e delle madri detenute, riformando in particolare il regime del rinvio dell’esecuzione della pena e della custodia cautelare. Viene abrogato il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena precedentemente previsto per donne incinte e madri di infanti sotto l’anno di età e introdotto un sistema di rinvio facoltativo, che impone una valutazione caso per caso e che non può essere concesso se sussiste un concreto pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti.

Se la persona da sottoporre a custodia cautelare è donna incinta o madre di prole di età inferiore a un anno, la custodia può essere disposta esclusivamente presso un istituto a custodia attenuata. 

Nel caso di evasione o di condotte che compromettono l’ordine o la sicurezza pubblica di donne incinte e madri con bambini sotto l’anno di età in custodia cautelare presso un istituto a custodia attenuata, il giudice dispone la custodia cautelare in carcere senza la prole, salvo il preminente interesse del minore a seguire la madre nell’istituto penitenziario.

Accattonaggio 

La norma interviene su due fronti principali: l’inasprimento delle pene per l’accattonaggio avvalendosi di minori, e l’estensione della soglia di età aumentata da quattordici a sedici anni e viene introdotta una nuova aggravante quando il reato è commesso con violenza o minaccia, ai danni di minori sotto i sedici anni o ai danni di persone non imputabili.

Misure in materia di tutela del personale delle forze dell’ordine 

Il pacchetto normativo introduce circostanze aggravanti per gli atti di violenza contro pubblici ufficiali: 1) aumento delle pene fino alla metà (non più un terzo) per violenza o minaccia e resistenza verso ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o pubblica sicurezza; 2) norme a protezione delle infrastrutture (la cosiddetta norma “anti no Ponte o no Tav”) in caso di atti di violenza finalizzati a impedire la realizzazione di infrastrutture destinate a erogazione di energia, servizi di trasporto, telecomunicazioni, altri servizi pubblici; 3) viene introdotta una specifica fattispecie di reato per lesioni personali a ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’esercizio o a causa delle loro funzioni.

Bodycam e uso di armi private senza licenza 

Le forze di polizia possono utilizzare dispositivi di videosorveglianza indossabili durante l’esercizio delle loro funzioni, ivi comprese quelle esercitate nei luoghi di detenzione e restrizione della libertà personale. Inoltre, gli agenti sono autorizzati a portare armi private senza necessità di licenza anche quando non sono in servizio.

Tutela legale

Lo Stato può corrispondere fino a 10.000,00 euro per ogni fase processuale per le spese legali sostenute dagli appartenenti alle forze dell’ordine, vigili del fuoco e forze armate per procedimenti che hanno ad aggetto condotte inerenti l’esercizio delle proprie funzioni. È previsto il diritto di rivalsa dello Stato solo in caso di accertamento di responsabilità per dolo e responsabilità disciplinare per grave negligenza (anche se prosciolti in sede penale).

Disposizioni in materia di carcere

Il provvedimento, intervenendo sull’art. 415 c.p., aumenta la pena per chi istiga alla disobbedienza delle leggi se il fatto è commesso all’interno di un istituto penitenziario o attraverso scritti o comunicazioni dirette a persone detenute. 

Inoltre è introdotto all’art. 415 bis c.p. il reato di “rivolta allinterno di un istituto penitenziario”, che punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell’ordine e  della  sicurezza, commessi da tre o più persone riunite.

Sono considerati atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva che, avuto riguardo al  numero delle persone coinvolte e al contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico  servizio,  impediscono  il  compimento degli atti  dell’ufficio o del  servizio necessari  alla  gestione dell’ordine e della sicurezza.

Coloro che promuovono,  organizzano  o  dirigono  la  rivolta  sono puniti con la reclusione da due a otto anni.  Se il fatto e’ commesso con l’uso di  armi,  la  pena  e’  della reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal primo comma e  da tre a dieci anni nei casi previsti dal secondo comma. Se dal fatto deriva, quale  conseguenza  non  voluta, una lesione personale grave o gravissima, la pena e’ della reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a dodici anni nei casi previsti dal secondo comma; se, quale conseguenza non voluta, ne deriva la morte, la pena e’ della reclusione  da  sette  a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dieci a diciotto anni nei casi previsti dal secondo comma. Nel caso di lesioni gravi o gravissime o morte di più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al triplo, ma la pena della reclusione non può superare gli anni venti.

Analoga fattispecie di reato viene prevista anche per i centri di trattenimento per migranti irregolari.

Le persone condannate per le fattispecie ora descritte potranno accedere alle misure alternative alla detenzione solo laddove non vi siano elementi tali da non far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

Il decreto interviene anche in materia di lavoro dei detenuti, sia interno che esterno al carcere, attraverso la collaborazione con enti del terzo settore. La novità principale è l’ampliamento della definizione di “persone svantaggiate”, che ora include detenuti e internati negli istituti penitenziari ed ex degenti di ospedali psichiatrici, inclusi quelli giudiziari.

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